Cinque referendum: per cosa votiamo?
[di Stefania Battista]

Domenica 8 giugno e lunedì 9 giugno seggi aperti. L’8 giugno si potrà votare dalle ore 7 alle 23, mentre lunedì solo dalle 7 alle 15. Perché i referendum siano validi occorrerà che si rechi alle urne il 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto. È il cosiddetto “quorum” che rende efficace la volontà espressa dalla popolazione. I referendum proposti sono abrogativi. Gli elettori troveranno sulle cinque schede una casella col sì e una col no. Votando sì l’articolo o la legge cui si riferisce il quesito verrà abrogata, cioè cancellata dall’ordinamento italiano. Votando no tutto resterà invariato. Quattro quesiti riguardano il tema del lavoro; il quinto quello della cittadinanza italiana.
Con il primo quesito si propone di cancellare la norma introdotta dal cosiddetto Jobs Act che consente ai datori di lavoro di licenziare coloro che sono stati assunti dopo il 7 marzo 2015 anche senza giusta causa e senza avere l’obbligo di reintegro. Votare sì renderà obbligatorio giustificare il licenziamento o, se è stato illegittimo, reintegrare il lavoratore.
Il secondo quesito chiede di abrogare la norma che limita a soli 6 mesi di indennità il risarcimento dovuto a un lavoratore licenziato da un’azienda (con meno di 15 dipendenti) anche senza giusta causa. Attualmente, neppure se il giudice riconosce che il lavoratore è stato vittima di un licenziamento illegittimo si può garantirgli un risarcimento maggiore. Votare sì significa volere che il lavoratore possa ottenere un risarcimento maggiore.
Il terzo quesito riguarda i contratti a tempo determinato, che con la legge in vigore non necessitano di particolari giustificazioni da parte dei datori di lavoro. Abrogare la norma significa rendere obbligatoria la necessità di giustificare un contratto a tempo determinato, altrimenti il datore di lavoro sarà costretto ad assumere con regolare contratto a tempo indeterminato.
Il quarto riguarda la sicurezza sul lavoro. Con la legge in vigore è consentito alla ditta appaltatrice di avere una diversa organizzazione della sicurezza rispetto alla ditta appaltante; con la conseguenza che la responsabilità, in caso di un infortunio, non viene estesa anche alla ditta appaltante. Abrogare la norma renderà entrambe responsabili in solido in materia di sicurezza.
Il quinto, infine, vuole abrogare la norma che rende necessari dieci anni per ottenere la cittadinanza italiana. Ma non riguarda tutte le altre condizioni. Sarà perciò ancora necessario avere un lavoro stabile, un reddito dimostrabile, essere in regola con tasse e tributi, non aver commesso reati, avere un alloggio con contratto regolare di fitto e idoneo all’uso abitativo, conoscere la lingua italiana con almeno attestato B1, risiedere in maniera regolare sul territorio italiano e giurare sulla Costituzione italiana. Se vincesse il sì chi rispetta tutte le condizioni citate potrà ottenere la cittadinanza in 5 anni invece che in 10.


