Carmine e il mare

[di Crescenzo Marino]

Solo, davanti all’immensità di quella tavola calma, Carmine non smetteva di ripetere, fra sé e sé, che il Padreterno poteva farlo giallo, rosso o viola, il mare, e invece l’aveva colorato di blu come un cielo sulla terra. Ne era da sempre affascinato, attratto, ammaliato e, forse per questo, desiderava per lui e per tutti gli uomini di buona volontà, una vita vista mare. Era convinto che, in una vita precedente, anche egli fosse stato qualcuno o qualcosa in simbiosi con quella infinita distesa di acqua salmastra, come un cavallone alto e spumeggiante, un elegante e fiero delfino, un abile e veloce gabbiano o un marinaio di lungo corso, dalla pelle bruciata dal sale e dal sole. Di certo Carmine, oltre alla passione, del mare aveva in sé la forza guaritrice, perché nelle sue mani esperte possedeva particelle invisibili di sole e del suo calore, di acqua salata e delle sue proprietà terapeutiche e di iodio e dei suoi benefici spontanei. Adorava stare accanto, dentro, sopra il mare, il luogo dove si concentra più energia al mondo, grazie ai quattro elementi essenziali alla vita, lì tutti presenti: l’aria della brezza, il respiro del mondo; l’acqua, sorgente di vita; la terra, dove affondano le radici; il fuoco figlio del sole che riscalda e purifica. Appena il tempo e il lavoro glielo permettevano, in sella al suo scooter, prendeva di corsa la strada alberata e profumata che portava al mare. Più di una semplice strada, un’esplosione di luce, una scala appoggiata al cielo, la porta per entrare dentro ogni gioia. La libertà addosso, l’orizzonte mai troppo lontano, Rosaria, moglie e madre delle sue splendide tre creature dagli occhi scrigni colmi d’ogni azzurro, dietro al sellino e nient’altro che il cielo sopra e dentro di sé. L’aspettavano le onde con la schiuma sulla cresta, mai stanche e ansiose di farsi cavalcare, le braccia vivaci del vento per spingerlo verso un altrove luccicante e infinito, l’ebbrezza del volo vertiginoso e improvviso. Carmine eternamente abbronzato e bagnato da un talento naturale era un dono per il prossimo e forse per questo svolgeva la sua professione come una missione, con dignità e abnegazione e ogni suo paziente, anche il più umile e semplice, per lui nascondeva un tesoro prezioso da custodire. Proprio come fa il mare dal principio di ogni tempo e come racconta un’antica leggenda quando dice che il mare è la dimora di tutto ciò che abbiamo perduto, di quello che non abbiamo avuto, dei desideri infranti, dei dolori e delle lacrime che abbiamo versato. Forse è semplicemente per questo che la mente, il cuore e l’anima di Carmine erano, sono e saranno legati per sempre, indissolubilmente, al mare, calmo o in tempesta che sia, che importa.

25 marzo 2023 – © riproduzione riservata

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