BTP Tecno, cala il sipario

BtpTecno02La crisi del comparto industriale battipagliese continua a mietere vittime. Negli ultimi anni sono centinaia i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro e altrettanti sono i giovani cui è preclusa l’opportunità di un’occupazione stabile. L’ultimo smacco alla dignità di una città che fu baluardo dell’economia industriale riguarda la dichiarazione di fallimento della Btp Tecno. Lo scorso 11 giugno, infatti, il giudice delegato Daniele Bianchi ha accolto l’istanza di fallimento presentata dal liquidatore, il dottor Giuseppe Toia.
La storia dell’azienda ha inizio nel 2010, quando la IPA Industries acquista un ramo d’azienda dello stabilimento ex Alcatel-Lucent di Battipaglia, attivo dal 1973 e già centro internazionale di eccellenza nel settore delle telecomunicazioni e sito di multinazionali come Face e ITT. Sicuramente una delle aziende d’eccellenza del territorio che però ha avuto vita molto breve. Dal settembre del 2014, infatti, i lavoratori non hanno percepito più lo stipendio, tanto da arrivare a proteste estreme, come la minaccia di lanciarsi nel vuoto da una torretta dello stabilimento del rappresentante sindacale Giancarlo De Leo. In quella stessa occasione la disperazione dei lavoratori toccò l’apice, giungendo al tentativo di aggressione del proprietario dell’azienda. Nel febbraio del 2015 arriva il contratto di solidarietà e il mese scorso quello di cassa integrazione, ma ancora una volta i lavoratori della BTP si sono sentiti beffati poiché, a causa di una serie di errori burocratici prodotti da alcuni studi di consulenza del lavoro, non sono ancora riusciti a percepire né l’una né l’altra indennità. La situazione è poi ulteriormente degenerata quando gli operai dell’Enel si sono recati nell’azienda per sospendere la fornitura di energia elettrica scongiurata solo dall’intervento del dottor Toia che ha disposto il pagamento delle bollette rimaste inevase.
Varie volte si è proposto di dichiarare la zona area di crisi e numerosi sono stati gli incontri al Ministero dello Sviluppo Economico per cercare di trattare con Gian Federico Vivado, proprietario dell’azienda, fino a quando una piccola fiammella di speranza si è riaccesa con la proposta d’acquisto da parte dell’azienda libica QSE, poi però miseramente naufragata. Ora ai curatori fallimentari Andrea Borziani e Bruno Bassi non resta che traghettare l’impresa verso la chiusura, gestendo le passività per consentire al tribunale, da novembre in poi, di far soddisfare i numerosi creditori in attesa del dovuto. Mentre i lavoratori chiedono che si accertino eventuali responsabilità circa la deriva di un’impresa che sulla carta poteva essere il fiore all’occhiello del mezzogiorno. L’unica speranza per i dipendenti resta, probabilmente, l’autoimpiego. Ovvero la possibilità di richiedere fondi ministeriali per creare un’azienda ex novo che rilevi le commesse della BTP; ma al momento la paura nei riguardi del futuro è ancora grande e parlare di creare un’impresa pare essere ancora prematuro.

19 giugno 2015 – © Riproduzione riservata
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