Attenti al muco!

Rieccoci in autunno. I nostri bambini ricominciano ad affrontare febbri ed infezioni di tutti i generi, soprattutto i più piccoli. I bambini al di sotto dei 5 anni di vita sono quelli che hanno, come sempre, la peggio. A questa età le difese immunitarie non sono ancora ben sviluppate: ogni volta che i bimbi si scontrano con un virus o un batterio “nuovo”, si ammalano con facilità proprio perché ancora privi degli anticorpi specifici. Più germi incontrano, più si ammalano, ma ammalandosi imparano a produrre anticorpi, diventando così più forti ed esperti nel difendersi. La frequenza dell’asilo nido e della scuola materna rappresenta il culmine dell’incontro-scontro tra bambini e germi. La permanenza prolungata nello stesso ambiente (guai ad aprire la finestra per cambiare aria e disperdere i virus: convinzione comune vuole che sia la “corrente d’aria” a far ammalare), l’affollamento, il precoce rientro a scuola di bambini non ancora completamente guariti, il contatto ravvicinato, necessario a svolgere l’attività didattica: tutto ciò facilita la trasmissione delle infezioni tra i bambini. Quelle respiratorie sono le più frequenti. Il naso e la bocca sono le porte d’ingresso del nostro organismo: attraverso di essi passa tutto quello che introduciamo nel nostro corpo, anche i germi. Sono i primi distretti ad essere aggrediti e quindi i più soggetti ad ammalarsi. Ecco allora nasi e gole infiammate con raffreddori e faringiti in quantità “industriali”. Le infiammazioni vengono spesso accompagnate da febbre e, dopo qualche giorno, dall’aumento della produzione del famigerato e detestato muco. L’aumento di muco intasa il naso del bambino, che inizia a respirare male. Le mamme e i nonni sono preoccupati da questo muco “spaventoso”, soprattutto se poi, poggiando le loro mani sul torace del piccolo, avvertono i famosi “rumori nelle spalle”. Espressioni del tipo “mio figlio è sempre pieno di muco” sono all’ordine del giorno. Conseguenza naturale di tutto ciò è la solita corsa dal pediatra per escludere la consueta paura della bronchite. È stato creato addirittura il termine di “mucosite” (infiammazione delle mucose) per dare dignità patologica ad un fenomeno che di patologico non ha proprio niente: nei trattati di pediatria non viene nemmeno preso in considerazione.
La superficie delle vie respiratorie è formata da cellule che, già in condizioni normali, producono muco, perciò è detta mucosa.
Il muco serve a  proteggere il rivestimento cellulare dall’ambiente esterno come un ombrello protegge dalla pioggia. Quando aggredite da sostanze dannose (polvere, inquinanti) e dai germi che arrivano dall’esterno, queste cellule ne producono di più proprio per difendersi: il muco funziona come una carta moschicida sulla quale rimangono intrappolati gli agenti aggressivi.
Il muco “sporco” viene poi trasportato verso l’esterno dalle ciglia presenti all’apice delle cellule respiratorie. Queste ciglia si muovono, come le spighe di un campo di grano mosse dal vento, tutte nella stessa direzione, così da incanalare il muco verso il naso e la bocca per eliminarlo. Quando questo meccanismo non è più sufficiente, interviene la tosse. Poiché i bambini, dall’inizio alla fine dell’anno scolastico, si ammalano quasi settimanalmente, i nasi sono perennemente otturati dal catarro (non a caso i bambini vengono definiti “mocciosi”) e le tossi sono incessanti. Da qui visite mediche a ripetizione, consulenze otorinolaringoiatriche ed allergologiche, terapie svariate pur di liberare i piccoli dal muco “nemico”. Una volta escluse allergie, adenoiditi, sinusiti o malformazioni, l’unica vera cura è pulire il naso con irrigazioni di soluzione salina e insegnare ai bambini a soffiarlo.

27 novembre 2015 – © Riproduzione riservata
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