Angelino custode

[di Ernesto Giacomino]

Boh, dicono si sia sciolto il Comune. Inspiegabile: mai come quest’anno non c’era nemmeno tutto ‘sto calore primaverile, a stento si stava intorno alle minime stagionali. Magari, che ne so, sarà successo per via di qualche materiale scarso usato per la costruzione, ché era già un anno che si parlava di infiltrazioni e cose così. Oppure, più verosimilmente, sarà colpa del solito distratto che s’è dimenticato di chiudere bene lo sportello del freezer. Comunque ormai è fatta: tutti a tavola col cucchiaione in mano, magari si prova a mangiarlo lo stesso. Che di questi tempi, inutile dirlo, non si butta via niente.
No, ma… l’avete sentito, il Ministero degli Interni? “Gravi forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata”, ha detto. Un’affermazione shock, inaspettata, rivelatrice di verità impensabili, che arriva subito dopo gli altri due scoop del secolo: “Babbo Natale non esiste” e “i bambini non li porta la cicogna (al massimo l’Airone, ma solo se il volo è intercontinentale e hai fatto il ceck-in che già avevi le prime contrazioni)”. Come dire: io non so se altrettanto organizzata o meno, ma che la criminalità aleggi nel Palazzo è un fatto che si sapeva già da qualche annetto. Pare che il primo ad accorgersene sia stato un altro ministro degli Interni: tal Mario Scelba, negli anni ’50.
E ok, banalità a parte: inutile stupirsi, le indiscrezioni in merito trapelavano da mesi. E cozzavano palesemente con gli esiti delle prime indagini, che parevano sminuire (o, quantomeno, non riuscire a confermare) l’acciambellamento tra politica e camorra tanto contestato al caro Santomauro.
Come e quando siano cambiate le cose, al momento non è dato saperlo. A leggere la nota del ministero non è che ci si capisca più di tanto, salvo che la decisione arriva su diretta proposta del ministro Angelino Alfano (l’avevo detto, io, che le mozzarelle vanno spedite più fresche) e che è ficcata come trafiletto spicciolo in tutta una serie di provvedimenti (tipo la soppressione dell’ambasciata italiana in Tegucigalpa e l’avanzamento di carriera d’un tal Gargiulo) particolarmente incisivi e determinanti per lo sviluppo del Paese.
Come dire: impalmati, umiliati e liquidati con quattro righe, più simili a una delibera condominiale che a un atto di governo. Che se vuoi saperne di più – paiono dire silentemente quelle stesse quattro righe – devi prenderti un’aspettativa dal lavoro, una brandina pieghevole, una dozzina di thermos di caffè, un buon avvocato divorzista contro le denunce di abbandono del tetto coniugale, e andarti a leggere i fascicoli dell’indagine. Ammesso di capirci qualcosa, nevvero: magari non sarà questo il caso, ma la giustizia italiana, alle volte, pare essere la più alternativa e sperimentale del mondo: per ora ti dico la sentenza, poi dammi tempo e cerco pure di ficcarci sotto una motivazione.
Frattanto, in barba ai principi fondamentali di qualunque repubblica democratica, viene stabilito che un intero popolo debba pagare per le colpe del singolo. Elezioni congelate, amministrazione ordinaria retta da un organo monocratico, almeno diciotto mesi di travaglio prima di avere piena libertà di scelta su chi dovrà governarci.
E fortuna che noi, i cittadini, saremmo le vittime. Metti avessimo pure avuto qualche responsabilità, un bel bombardamento al napalm non ce lo avrebbe tolto nessuno.

10 aprile 2014 – © riproduzione riservata

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