Allago nel pagliaio | di Ernesto Giacomino

Battipaglia, provincia di Manila. Un acquazzone improvviso e succede il finimondo. Bombe d’acqua, le chiamano adesso: dieci minuti, un quarto d’ora al massimo di scrosci a piena potenza, e vai col tilt generale.

Ecco, quello che è successo lunedì sera non confrontiamolo con situazioni analoghe che in genere sconvolgono le città. Lì di botto ci sono fiumi che straripano, torrenti che esondano, montagne che smottano. L’imprevisto, per l’appunto. Qui no: temporale violento? Ciao, addio, fognature saltate. Cioè, roba messa lì anche per quello: ingoiare acqua e non far allagare garage e piani rialzati.

Successe già due anni fa, nel triangolo delle Bermuda in zona Sant’Anna, nei dedali fra via Fogazzaro, via Metastasio, via Pascoli e via cantando. Dighe di sacchi di sabbia, auto semisepolte, gente in transito con gli stivali a coscia in stile acqua alta a Venezia. Romanticissimo, nevvero. Ci dissero: e beh, è capitato, le caditoie, e la rete intasata, giurin giurello che non capiterà più. Ciò che speravano non capitasse, in verità, era un’altra pioggia di portata simile, così da poter dire: avete visto, tutto ok, problema risolto. Risoltissimo.

È ricapitato, però. Sempre in quel punto: una “chiena di Campagna” leggermente delocalizzata che ha abbracciato un quadrilatero dalla parrocchia di San Gregorio a via Primo Baratta. Traffico in tilt, ovviamente. Ipotetici turisti, li si immagina, magari scesi dalla macchina in coda per saggiare la portata della catastrofe, a cui sarà stato candidamente risposto: “No, niente, sta solo piovendo”.

Per il resto le scene – e la paura – sono state le stesse di quella volta. E anche i danni, laddove l’acqua è riuscita a entrare in seminterrati e scantinati. Ce n’è, di auto che non ripartiranno nemmeno col defibrillatore o la respirazione bocca a bocca. Magari si saranno divertiti i bambini, va’: ehi, guarda là, una piscina per strada, prendiamo il canotto e facciamo una gita. Un po’ meno, invece, parrebbero averlo apprezzato le pantegane, costrette a un bagno improvvisato senza nemmeno il tempo d’infilare il bikini.

No, dai. Non possiamo ogni volta spacciare la normalità per stato di calamità naturale. Un nubifragio, in tempi d’estate incerta, è la regola. Dal paleolitico. Non si poteva sperare che in due anni non accadesse nulla. C’è un problema urbanistico che può portare danni ben più seri di quelli visti finora. Siamo stati fortunati, non capaci.

Parlare d’infrastrutture vecchie, peraltro, è un controsenso. I fatidici ottantacinque anni di esistenza del nostro Comune – età, già di suo, relativamente giovane – affondano le radici ai tempi dei primi insediamenti. Il grosso, di questa città, lo si è tirato su dagli anni ’60 in poi. Sorvoliamo sul sottopassaggio, e vabbè. Quello è un obbrobrio partorito storto fin dalla matita del progettista, già è tanto che non faccia acqua di suo. Ma il resto, di regola, è roba che dovrebbe sopravvivere ai secoli.

Cioè: qua, e solo qua, la gente è più vecchia dei palazzi che abita. Roba costruita in tempi moderni, che però si palesa mostruosamente antiquata.

Se è vero che è l’ora del cambiamento, allora, cominciamo proprio da questo. Dalle cose piccole. Diamo un rifugio sicuro ai sorci delle fognature.

24 luglio 2014 – © riproduzione riservata

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