Alba e Nuova: scissione, fusione e agitazione

Nelle ultime settimane, in città, a fronte dello stato d’agitazione proclamato dai dipendenti della partecipata – che pur continuando a effettuare la raccolta ordinaria, s’astengono dall’esecuzione degli straordinari – s’è parlato parecchio di Alba.
Tra il 1999 e il 2000, alle prime luci dell’alba, l’amministrazione comunale si inventò quest’azienda speciale – poi spa e infine srl – chiamata Alba Nuova, che si sarebbe occupata di ecologia e di manutenzione del patrimonio cittadino. Tutto rose e fiori, fino all’improvviso mutamento di rapporti, che potrebbe esser perfettamente emblematizzato dalla quaestio illuminazione.
Era il giugno 2010 quando il consiglio comunale, timonato dal sindaco Giovanni Santomauro deliberò la scissione della partecipata in due tronchi, Alba Ecologia e Nuova Manutenzione. Nel novembre 2011, d’altronde, l’assise consiliare avrebbe deciso di non ricapitalizzare e di provvedere alla liquidazione di Nuova. Intanto, nel settembre 2011, il Comune aveva riassegnato l’incarico per la progettazione di un impianto di illuminazione pubblica a led per il risparmio energetico – già affidato nel 2007 dal commissario Pasquale Manzo ad Alba Nuova –  all’ingegnere dell’Asis, Giuseppe Giannella, che, assieme a Vito Santese, presidente di Alba, era il liquidatore di Nuova, l’azienda che avrebbe dovuto occuparsi proprio di illuminazione. Al termine della fase progettuale, nel giugno 2012, fu indetta una gara d’appalto, che prevedeva un’assegnazione quindicennale (8 anni in più, e dunque costi maggiori, rispetto al piano “albino” del 2007), nella quale trionfò la tristemente nota Cpl Concordia, che in quei 15 anni avrebbe preso la bellezza di 12 milioni e avrebbe fatto dirigere i lavori proprio a Giannella, il quale, nello stesso periodo, aveva cessato di occuparsi della liquidazione di Nuova. Una vicenda scottante, per la quale, di recente, a Giannella e Pasquale Angione, all’epoca direttore dell’Ufficio tecnico, sono stati notificati degli avvisi di garanzia.
Nel maggio del 2012, in effetti, lo schizofrenico consiglio comunale aveva deliberato la ricapitalizzazione di Nuova Srl, la revoca dello stato di liquidazione e l’affidamento alla società in house – che nel frattempo era stata indebitata fino al collo – dei servizi di manutenzione.
Un anno dopo, Santomauro fu arrestato e il consiglio si dimise: arrivò Mario Rosario Ruffo che, alla stregua del cunctator Quinto Fabio Massimo, temporeggiò e, quasi sottoscrisse quell’appalto. Dopo lo scioglimento i commissari straordinari Iorio, Ferrara e Picone, constatandone la poca convenienza in termini economici, annullarono la gara. Sul finir dello scorso anno, allora, la triade, che nel frattempo, in seguito alle dimissioni di Santese, aveva messo Luigi Giampaolino a capo di Alba, deliberò che i 45 dipendenti Nuova venissero assorbiti dall’altra società comunale. Alba di nome, Alba Nuova di fatto.
E siamo arrivati ai giorni nostri: Salvatore Del Duca, Francesco Giaquinto e Claudio Tiberio, membri della RSU aziendale, lamentano l’assenza di dialogo con Giampaolino e la mancata regolarizzazione della posizione degli ex dipendenti Nuova che, al contrario dei colleghi già in organico Alba (che hanno un contratto di tipo Federambiente) lavorano ancora – illegittimamente, essendo una srl – alle condizioni del CCNL Enti Locali.

I commissari hanno deciso di portare la vertenza direttamente sui tavoli della Prefettura, ma quel che è certo è che sempre più dipendenti rimpiangono i tempi di Alba Nuova. Divide et impera.

22 maggio 2015 – © Riproduzione riservata
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