Venti-setteté

[di Ernesto Giacomino]

Non più classicamente bianco, nemmeno tradizionalmente rosso. Il Natale degli impiegati comunali battipagliesi, quest’anno, s’è addirittura tinto di giallo. Un mistero, un enigma, un interrogativo irrisolto sfociato nel romanzo a sorpresa di fine anno, con tanto di protagonisti e comprimari. Il best seller del momento, secondo per vendite solo alle ricette della Parodi e alla logorrea di Bruno Vespa: “Che fine ha fatto il mio stipendio di dicembre?”.

Le prime risposte le hanno date i giornali, pareva si trattasse di un dramma irrisolvibile a corto di soluzioni rapide, con in più la banca ostica che non voleva anticipare le somme ai dipendenti nel frattempo che da Palazzo provassero a sbrigare la questione. Cosicché, rapidi e precisi, palla al balzo e tutti addosso ad amministrazione e amministratori: è dissesto totale, vergogna, fuggite, nascondetevi, voi le indennità ve le siete pagate e siete andati in vacanza, qua c’erano impiegati che a Natale hanno dovuto cambiare religione e cenare a pane azzimo. E poi, la recidiva: non s’è trattato di un episodio isolato, hanno tuonato, anche le tredicesime sono state pagate con dieci giorni di ritardo, il diciassette anziché il sette. Chiaro, no? “Appena” otto giorni prima di Natale, roba che non c’era più nemmeno il tempo di capire che regalo volesse il nonno, o di prendere un treno per andare ad apprezzare queste fantasmagoriche, roboanti luminarie salernitane. Saranno successe catastrofi, presumo: famiglie affamate e neonati senza latte, negozi in fallimento, onde anomale, sindromi cinesi. Qualche minaccia di suicidio ai balconi, pure.

Poi, neanche il tempo di superare per bene il Capodanno, e arriva la nota chiarificatrice del sindaco Santomauro: la fate pesante, e che sarà mai, c’è stato un problema di liquidità nelle casse comunali (versione uno) o un disguido tecnico con la banca (versione due: cancellare la voce che meno aggrada). Poi, di quale disguido si trattasse, non è dato saperlo (telefono occupato? Problemi di parcheggio? Temperatura al di sopra dei minimi stagionali?); fatto sta che il sindaco ci ha tenuto soprattutto a far sapere che nessuno, tra lui, consiglieri e assessori, ha percepito le indennità di dicembre prima dei dipendenti comunali.

E ok, frittata fatta, inutile parlarne oltre. La questione a tutt’oggi, attese le promesse del primo cittadino, dovrebbe essersi pacificamente risolta con il pagamento – seppur tardivo – della suddetta mensilità di dicembre.

Quello che lascia dubbi, in realtà, è se fosse effettivamente il caso di stigmatizzare la questione fino a fare di uno spiacevole fatto contabile l’ennesimo urlo politico. Prendere a prestito i diritti dei lavoratori come pretesto di propaganda è sempre rischioso, specie quando si tira in mezzo l’organico pubblico, che una pericolosa deriva di pensiero populista ancora identifica come una nicchia di privilegiati usi al classico “lamento sul soverchio”.

Nessuna difesa del sindaco, e ci mancherebbe, le scadenze sono scadenze: ma nell’era in cui un terzo dei dipendenti privati non solo non ha visto uno straccio di tredicesima ma è pure in credito di due o tre mensilità pregresse, le istituzioni avrebbero potuto approcciare alla faccenda con più pudore e meno rumore. Perché anche loro, le frotte di disoccupati e capifamiglia sul lastrico, costretti a leggere al portone del Municipio la nota sindacale che parlava di “grave disagio economico e malcontento dei dipendenti”, meritavano un’umana – e natalizia – parvenza di rispetto.

10 gennaio 2013 – © riproduzione riservata

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