Storie di alberi

[di Francesco Bonito]

Basta guardare le due foto e si capiscono molte cose. Da una parte il segno di un artista, il sogno di un idealista, la memoria ritrovata, la cura di chi conserva nel tempo la bellezza, l’amore per la propria terra. Dall’altra l’incuria, l’approssimazione, l’offesa alla natura, l’insulto al senso estetico, il disprezzo verso la propria terra.
A distanza di pochi giorni e di pochi metri, in due luoghi simbolici, si è visto il meglio e il peggio di Battipaglia. La speranza alimentata dalla serata dedicata a Carmine Battipede, con l’amorevole restauro de l’Albero del Domani, uno dei murales di piazza Risorgimento, è stata presto soffocata. A farci ripiombare nel baratro quotidiano, dopo solo cinque giorni, l’oscena mutilazione di un albero in piazza della Repubblica, una capitozzatura eseguita in maniera vergognosa, tanto da apparire beffarda nel suo esito estetico. 
E così, due alberi, due cure differenti, raccontano due diverse storie battipagliesi. Il primo, bellissimo, voluto da Battipede e dipinto da Vota nel 1984, souvenir di una stagione unica e irripetibile, ricca di passione e di fermento culturale, torna a risplendere nei suoi colori e nel suo messaggio di fiducia nel futuro. Il secondo, testimone di un passato altrettanto generoso di conquiste per i battipagliesi, piantato più di mezzo secolo fa, “seviziato” da una mano incompetente, assurge a simbolo dell’odierna superficialità. Due alberi con destini opposti che raccontano il meglio di ieri e il peggio di oggi, quasi a rappresentare la parabola della nostra comunità che esprime – a volte – talenti adamantini, e – troppo spesso – imbarazzanti mediocrità. 
Ma quel taglio sconsiderato è anche la metafora di un’altra peculiarità tutta battipagliese: l’autolesionismo. Tagliamo un “arto” a un albero così come amputiamo le bellezze e le risorse della nostra città, procurandole quelle orrende menomazioni che preludono alla sconfitta, non di una parte, ma dell’intera città.
Quanto ci mancano le persone come Carmine Battipede, quanto ci mancano la sensibilità e la cultura che lui e altri infondevano in ogni iniziativa. Quanto ci mancano i modelli da emulare, quanto ci manca il riconoscimento del valore altrui. Quanto ci manca l’impegno di chi desiderava emergere, quanto ci manca la generosità di chi condivideva la conoscenza e alimentava le passioni. Quanto sono lontani quei tempi. Oggi, purtroppo, i più si stanno abituando alla mediocrità, propria e altrui. Ai nostri lettori, che confido non corrano questo rischio, rivolgo un accorato appello: continuate a guardare gli alberi, continuate a difenderli.

8 novembre 2019 – © Riproduzione riservata

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