Sinonimi e contrari

[di Ernesto Giacomino]

Fateci caso, ormai la gente non ha più difetti, qualunque comportamento negativo o comunque fuori dalle norme di civile convivenza è rubricato come una specifica patologia. Gli sgarbati, poverini, non è colpa loro: tutt’al più sono “misantropi”, che sarà mai la scontrosità o il tono burbero, c’è solo da capirli e assecondarli. Di bambini maleducati o irrequieti non ne esistono più, al massimo sono “iperattivi”, e vai con la terapia nutrizionale specifica e il percorso pedagogico-comportamentale dallo specialista a un tot l’ora. Gli alcolizzati alla lunga sono diventati solo “alcolisti”, che è la stessa cosa ma col suono più dolce: sembra più un hobby che un vizio, l’adozione di una filosofia, l’adesione a una corrente d’espressione artistica o letteraria.
Anche i ladri, per dire, alla lunga si finirà per definirli con termini tipo “appropriatori ossessivo-compulsivi di cose altrui”: vorrebbero smettere ma non possono, colpa nostra se mostriamo in giro cose che potrebbero attrarli, o se lasciamo credere di avere tesori in casa.
È l’evoluzione di quel processo di edulcorazione dialettica, in sostanza, per cui da tempo gli incapaci sono divenuti “principianti”, i cornificatori seriali “poligami”, gli ignavi “nichilisti”. Cosa non si farebbe, insomma, purché continuiamo a sembrare tutti delle irreprensibili personcine a modo. Quindi in quelle domeniche mattina battipagliesi, specie d’estate, quando le strade sono deserte ma alcuni locali strapieni, dove madri tengono segregati al loro fianco bambini di tre-quattro anni stanchi e piagnucolanti mentre loro, gettone su gettone – da ore – tentano il colpaccio alla slot o al videopoker; dove padri di famiglia sperperano il già misero stipendio con gli occhi incollati a uno schermo che trasmette estrazioni; dove non riesci a raggiungere la cassa per pagarti un caffè perché c’è una coda di compratori di biglietti delle più svariate lotterie istantanee, “paperone anch’io”, “turista e me ne vanto”, “fesso chi lavora”, ecco: in quel momento portate pazienza, non maledite nessuno, non giudicate. Sembrerebbero solo spese inutili di chi non ha reale contezza del valore del denaro, delle schiene che una madre o una moglie si spezzano lavorando nei campi o lavando scale per palazzi, del sudore di cui essi stessi s’inzuppano ai comandi di datori di lavoro burberi e sottopaganti; sembrerebbero deviazioni facilmente correggibili con un po’ di autorecupero del buonsenso, della maturità da uomo adulto e responsabile, della percezione della differenza tra strada giusta e sbagliata, e invece no: l’hanno definitivamente classificata come patologia, come malattia sociale. Una cosa per cui vanno allestendosi centri d’ascolto, associazioni di volontariato, presidi sanitari di assistenza psicologica: un colpo di telefono, insomma, e t’aiutano pure gratis.
Viceversa, se hai bisogno d’uno psicoterapeuta per problemi classici, uno shock, un trauma, un qualunque disturbo dell’area emotiva, o ti sveni con sedute private o aspetti mesi per una stitica visita in ospedale.
Boh: quei soliti casi in cui hai voglia a rifletterci, ma i conti non ti tornano. Ma magari io non faccio testo, ché sono notoriamente “rompipatico”. 

28 giugno 2019 – © Riproduzione riservata

Facebooktwittermail