Pesta frolla

[di Ernesto Giacomino]

giacomino222Il cerchio non quadra. Anche se a quadrare sono i quadrati: i cerchi, tutt’al più, cerchiano. Comunque: dove più, dove meno, abbiamo strade costantemente disseminate di evacuazioni canine. Eppure di randagi non ce ne sono, in giro. Ne becchi due, tre al massimo, nel raggio di vari chilometri quadri. Ipotesi uno, allora: i “trofei” spuntano dai marciapiedi. Autoctoni, preziosi, come la primula di Palinuro. Perché no? Una volta, tra le crepe, ci crescevano cicorie e artemisie; adesso – mettici il clima, le scie chimiche, la kasta!!!, il grammofono – ci sbucano direttamente i bisognini, senza passare per la canonica trafila alimentazione/digestione.
L’ipotesi due, invece, contempla che ce li mettiamo noi apposta, tipo indizi segnaletici per tracciare il percorso e non perderci per strade sconosciute. Una volta c’erano le briciole di Pollicino, no? Poi quel fatto dei passerotti che le beccavano, tutto un marasma d’individui che non ritrovavano la strada di casa, e zac, serviva qualcosa di meno attraente sul versante culinario. Mangiate questo, uccellacci del malaugurio.

L’alternativa alle due predette ipotesi, ovviamente, è l’unica certezza pensabile con un minimo di logica: non essendoci randagi, ma trovando zeppole ovunque, vuol dire che cotanti donatori organici sono cani domestici. Esatto, quelli lì: Puppi, Fuffi, Zurri, Cicci. Quelli presi al lazo alle sette del mattino con guinzagli lunghissimi e ufficialmente retrattili (ma nessuno riesce ad accorciarli al volo quando serve), il cappottino di lana e le babbucce per le unghie, e le padrone assonnate ancora in vestaglia e pantofole. Quelli di razze rarissime, andati a ritirare col volo charter direttamente in Antartide o in Papua Nuove Guinea, con giù un paccotto di migliaia di euro per snellire la pratica d’importazione. Quelli fuffosi, coccolosi, tenerosi, solo pelo e un paio d’occhi nauseati da indigestioni di paté magro e crocchette puzzolenti.

Ecco, ora se magari i padroni di quei cani lì s’avvicinano un attimo e mi porgono l’orecchio, rivelo loro la terza e dolorosa verità dopo il fatto che Babbo Natale non esiste e i bambini non li porta la cicogna: i vostri cani, amici miei, pur col pedigree e il collare firmato e il doppio passaporto per giocare in Champions, scagazzano come gli altri. Anzi, a volte – avendo la garanzia del piatto a tavola – più degli altri. Peggio degli altri, pure, mettendo in conto integratori e diete da preparazioni olimpiche che vi fissate a preparargli.

Eppure, pare che anche in quest’angolo di Far West che sta diventando Battipaglia vigano ancora delle leggi. E ce n’è una – semplice, elementare, didascalica – che vi ordina di pulire lì dove i vostri cuccioli sporcano. Paletta, bustina, oplà: semplicissimo. Lo farebbero direttamente i cani, se avessero i pollici opponibili.

Come dire: ce n’è, di gente con quel fatto che “gli manca solo la parola”, e giù a darsi bacini in bocca e bere alla stessa bottiglia, e per regalo di compleanno la serie completa di “Tutto Scooby-Doo” e la cuccia a Cortina… e poi ci si schifa per qualche grammo di feci da raccattare e buttare nel primo cestino? E beh, allora serve davvero un veterinario bravo. Ma – sia chiaro – non per i cani.

27 febbraio 2015 – © Riproduzione riservata

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