Il degrado della scuola De Amicis e i nuovi barbari | di Massimiliano Terminelli

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Egregio Direttore,
le cronache cittadine di questi giorni, ci portano, spiattellate su vari quotidiani, le immagini che ritraggono lo stato attuale degli interni dell’Istituto Edmondo De Amicis. Sono un vero e proprio cazzotto nello stomaco. Ormai ci eravamo abituati, anzi, per meglio dire, assuefatti alle condizioni esterne della struttura, ma vedere pile di registri scolastici, libri della biblioteca strappati ed altro materiale didattico buttato a terra tra calcinacci e spazzatura varia, in un degrado incredibile, mi riporta alla mente la calata dei barbari.

Quelle stesse invasioni barbariche che i maestri di quel tempo, veri e propri punti di riferimento per noi alunni, ci insegnavano e ci descrivevano come condotte principalmente per fini di saccheggio e di bottino, più che di occupazione vera e propria del territorio. Ciò che lasciavano alle loro spalle era il risultato di una violenza inaudita a cose e persone, quella stessa violenza che provo a vedere queste foto.

In queste occasioni tornano, inevitabilmente, i ricordi dei giorni trascorsi tra quelle mura da circa tre generazioni di battipagliesi. L’entrata diversa ogni anno a seconda della classe di appartenenza, tutti  i bambini allineati con i loro grembiuli e fiocchi colorati; l’ora di ginnastica, a quei tempi non si parlava di educazione fisica, nel cortile interno della scuola; la campanella delle 10,00 che ci conduceva, lungo corridoi interminabili, nei bagni dove si entrava a gruppetti divisi, maschietti e femminucce. Ricordo i volti dei maestri dei miei tempi, Lucarelli, Del Giorno, Guzzi, D’Ambrosio, le maestre Mastrangelo, Sansone, dei secondi genitori per noi bimbi.

Poi mi sono riapparsi in mente i volti dei tanti politici battipagliesi degli ultimi 20 anni:  tante promesse, tante vane intenzioni, tanta presunzione, tanta ignoranza. E pensavo a quanti di loro, come me, hanno  trascorso i primi 5 anni di educazione scolastica nella scuola De Amicis. Se avessero notato  il paradosso che proprio quegli insegnamenti ricevuti, con la speranza di costruire una generazione di uomini giusti e capaci, avevano, invece, avuto come risultato, l’abbandono di quelle aule nello stato in cui sono. Ed è così che si sono concretizzati nella mia mente i nuovi barbari, quelli con la cravatta al collo.

Oggi per risolvere i problemi quotidiani di questa cittadina, siamo costretti a rivolgerci ad un Commissario Prefettizio. Ed è a lui che mi rivolgo pregandolo di disporre una raccolta di quelle pagine di memoria per poi ben riporle in qualche scantinato del Comune, con la speranza che i nuovi amministratori di questa comunità possano destinare uno spazio adeguato per ridare vita e dignità a quelle tracce del passato.

Foto di Enzo Cesaro

8 novembre 2013 – © riproduzione riservata

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