Il social virus | di Simona Guarino

Non so voi, ma da quando siamo agli arresti domiciliari, sono stato sostituito dal magico mondo di Facebook.
“Cara, cosa ne dici se oggi…”. 
“Neanche per idea, non ho tempo”! 
E come sarebbe? Proprio non volevo capire. Alle sei del mattino deve cambiarsi per uscire sul balcone, amuchina e scarpe. Lo spettacolo dell’alba, dice, è imperdibile. Subito dopo, per colazione, il tutorial dei pancakes con la Parodi. Ne segue l’ormai deleteria pulizia mani. Alle nove, sistema casa, ma da quando su Facebook, ha scoperto la filosofia zen del riordino, non è più la stessa. “Sono regole zen cinesi e visto come sono andate le cose da loro, meglio seguirle”. Forse ritroveremo zio Giovanni disperso in guerra! A pulizia conclusa, il tour operator consiglia un viaggio in bagno. Inizio a notare un certo pallore sul dorso delle sue mani. Alle dodici pranzo vegan, come suggerito dalla pagina social. E poi, neanche a dirlo, lavaggio e amuchina perché “I residui del cibo potrebbero restare sulle dita”. Alle due, Grey’s Anatomy! “È da ragazza che non li vedevo”, confessa entusiasta. Eh certo, aggiungo io, sono proprio in tema. Decido di scendere in garage. Non avevo notato che ci fossero 42 gradini di cui, 16 bassi, 24 smussati e 2 fuori posto. Segue il tè english. Alle sei, si cambia ed esce ancora sul balcone, amuchina al seguito, non sia mai che porti i microbi in casa. “Se l’alba è imperdibile, il tramonto non ha eguali”, così professa e almeno in questo, non posso darle torto. È l’unico momento in cui respiro una vaga idea di normalità. Rientro per cena, ma senza dimenticare il tour in bagno. Questa volta crema per la pelle secca, si è accorta che qualcosa alle mani non torna. Ma ecco in agguato il senso di colpa e subito dopo, amuchina a go go: “Non vorrei che la crema veicolasse altri batteri”, il verdetto dell’esperta virologa. Come ho fatto a non pensarci! Alle sette, riflessione serale e preghiera, che di questi tempi non basta mai! Da un mese circa, ho imparato a memoria la vita dei santi, le novene per i casi disperati e le litanie alla Madonna. Positivo, ovviamente. Segue il fatidico risciacquo mani. “Dicono che il virus resista anche sui grani del rosario”. Alle otto, prepara la cena di nuovo con la Parodi, poi sparecchia assecondando ancora la filosofia zen dei cinesi. Alle nove doccia. Esco a portare la spazzatura, consapevole che al rientro, seguirà la passeggiata in ciabatte al bagno per la consueta cura alle mani. Alle dieci, dopo l’ultimo bollettino di guerra trasmesso alla tv, ci prepariamo per la notte. Io pigiama, lei: bicchiere di camomilla, una pila di libri, lucina notturna, tablet, golfino, calzettoni di lana, guanti. “Perché i guanti?” chiedo, già pentito d’averlo fatto. “Durante il sonno posso urtare qualsiasi cosa. Lo sai che i batteri restano sulle lenzuola fino al mattino?”. Come no, potevo arrivarci. Poi rieccola di nuovo in bagno. “Devo fare ancora una doccia e cambiarmi il pigiama, dicono che il virus resista per ore sull’asfalto, figuriamoci sui vestiti sudati!”. Niente, l’ho persa del tutto! Finalmente mi corico, ma non ho i guanti. Sposto i cuscini con i gomiti, non vorrei mi spedisse di nuovo in bagno. Mentre inizio a contare le travi a vista, lei invia il messaggio della buonanotte sui social: “Devo abbracciare virtualmente tutti i miei contatti, amore”. Sì, ma proprio tutti? A missione conclusa, spegne la luce. Non so voi, ma da quando è iniziata, non ho più una moglie. E ora scusate, devo ordinare l’amuchina online.

20 marzo 2020 – © Riproduzione riservata

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