Francese: «Sarà dura, ma ce la faremo»

[di Stefania Battista]

Cecilia Francese a tutto campo: l’emergenza Covid, i controlli, gli aiuti all’economia, il Puc e i Pics, la crisi di Alba, il futuro

Ha la voce roca dalla stanchezza. Ha trascorso questo periodo di emergenza tuffandosi nel lavoro, quello di sindaco che ha svolto a tempo pieno tralasciando, come forse non aveva mai fatto, anche la sua professione di medico. Ma essere medico in questo caso le è stato utile. È stanca, si vede e si sente, ma soddisfatta. La sua città, almeno finora, è stata quasi del tutto risparmiata dall’epidemia. Un po’ per fortuna un po’ per l’attenzione dedicata al presidio ospedaliero. Abbiamo raggiunto il sindaco in una delle rare pause della sua convulsa giornata, divisa tra Centrale operativa comunale per le emergenze, preparazione di nuove ordinanze, prove per tenere il Consiglio comunale su piattaforma web, giri di controllo insieme al comandante della polizia municipale.
«L’ospedale è stata la mia prima preoccupazione – spiega Cecilia Francese – sapevo che se lì si fosse abbassata la guardia avremmo pagato care le conseguenze. Nonostante il Santa Maria della Speranza non sia polo Covid, è il pronto soccorso più facile da raggiungere. E infatti molti positivi sono arrivati anche a Battipaglia, ma ero in contatto costante con tutto il personale, compresi i dirigenti. Sono stati davvero preziosi e scrupolosi. In molti casi hanno scongiurato il peggio. Eppure nel primo periodo era complicatissimo fare i tamponi, la malattia ancora non era conosciuta abbastanza e si andava ad intuito. Facemmo una riunione in Prefettura e chiesi espressamente che Battipaglia fosse tenuta fuori dal percorso Covid; sapevo che non era attrezzata per questo. Ma la mancanza dei tamponi domiciliari ha fatto sì che arrivassero comunque in ospedale. Abbiamo rischiato tanto e tutti. Molti sono giunti in ospedale in condizioni già critiche».

A Battipaglia, infatti, c’è stato il primo morto per Covid accertato. Anche se non era un battipagliese. Crocevia di scambi la città, se il lockdown non avesse funzionato, avrebbe potuto pagare un prezzo molto alto. 
«Mancava il tempo e l’esperienza – spiega la prima cittadina – Poi abbiamo cominciato a capire. A somministrare le terapie prima che fosse troppo tardi. Essere un medico che ha già lavorato nell’emergenza – a Pisa nel reparto oncologico – mi è stato d’aiuto ad agire e non avere paura».

A rendere ancora più difficile questo periodo la perdita di sua madre…
«Non ho avuto il tempo di elaborare il lutto. Mi sono rimproverata di non esserci stata. Ma ora ho capito che mia madre avrebbe approvato. Siamo rimasti in pochissimi a lavorare. Eppure credo che nessuno possa contestare che siamo stati tra i primi a organizzare un banco solidale, ad attivare la Centrale operativa comunale per le emergenze, a coinvolgere i privati. In molti casi non c’era neppure il tempo di pensare troppo, bisognava agire velocemente. Le norme cambiavano e cambiano in continuazione».

Qualcuno ha contestato la scarsità dei controlli. Ma la sindaca replica piccata…
«All’inizio la maggior parte della gente aveva tanta paura. Ora molti pensano che tutto sia passato e sono imprudenti, ma non è ancora passata. Vorrei dire però che abbiamo solo 30 vigili urbani che hanno fatto un lavoro immenso. Come sono stati grandiosi i volontari della Protezione civile e delle Croci. Adesso però sarebbe bello che si agisse con responsabilità, senza la necessità di controlli e sanzioni. Vorrei che dimostrassimo, e la maggioranza della città già lo ha fatto, un grande senso di responsabilità. La situazione è tale che non ci possiamo permettere di ripartire daccapo». 

Si riferisce alla crisi economica e sociale determinata dal blocco delle attività?
«Esatto. E noi eravamo già in una situazione di pre-dissesto. Il 4 maggio mi è arrivata una nota della Corte dei Conti che chiedeva quanto avessimo incassato, senza proprio tener conto della situazione di emergenza. Perciò ritengo fondamentale l’azione che stiamo portando avanti con l’Anci. È necessario che i Comuni ricevano più fondi dallo stato e che possano evitare l’accantonamento dei crediti di dubbia esigibilità. Soldi non ne entrano, ora peggio di prima. Abbiamo anche chiesto un abbattimento delle sanzioni del 30 per cento e la rateizzazione senza morosità. Daremo spazio pubblico alle attività, più di quanto ne avevano prima, ma per coprire e azzerare Cosap e Tari – almeno relativamente ai mesi in cui le attività sono state chiuse – dovremo trovare una voce in bilancio. Sappiamo che sarà dura per tutti. Ci siamo resi conto che la situazione si aggravava anche dal calo delle donazioni al banco alimentare. Però in città non ci siamo mai fermati, le parrocchie volevano fermare il banco alimentare perché non sapevano più come fare a distribuire, così abbiamo convogliato tutto alla De Amicis grazie all’aiuto della Protezione civile. Ora c’è anche l’idea di creare un piccolo fondo che possa aiutare chi è in difficoltà, per artigiani e commercianti che potranno poi restituire con calma. Gli uffici sono al lavoro. Ma occorre un trasferimento maggiore dallo Stato. Abbiamo chiesto altri 400 milioni per Battipaglia a copertura dell’Imu di chi ha un’attività. Stiamo ascoltando tutte le categorie».

L’emergenza Covid ha bloccato l’attività ordinaria, sono cambiate le priorità dell’Amministrazione?
«Affatto. Il Puc era ed è la prima. Abbiamo dovuto sospendere la fase di ascolto, riprenderemo su piattaforma. Come il Consiglio comunale. Purtroppo non c’è spazio sufficiente per farlo in aula, nemmeno utilizzando la zona del pubblico. Occorrono circa 7 metri quadrati a persona e non ci sono. Ma è importante che ricominci a riunirsi, che si torni a discutere».

Oltre al Puc cosa c’è da portare a termine?
«La scuola Fiorentino per dirne una. I fondi sono finalmente arrivati. L’Illuminazione pubblica che completeremo grazie ai Pics. C’è stato un ribasso di gara di quattrocentomila euro che ci saranno utili per rifare l’asfalto a Belvedere, a Sant’Anna e sulla statale 18. Abbiamo perso tanto tempo con l’emergenza, ora dovremo recuperare».

E la situazione di Alba?
«Riprenderemo anche quella. Intanto abbiamo portato alla luce tutti i debiti nascosti da bilanci poco veritieri. Se fossero stati inseriti prima la società sarebbe già fallita. In questo periodo, però, devo dire che anche i lavoratori di Alba sono stati encomiabili, nonostante il grande rischio che correvano. Credo che tutto potranno dire di me, ma non che lascerò debiti a chi verrà dopo. Anzi. Stiamo trattando e rateizzando per eliminarli tutti. E sono una montagna. È difficile portare avanti una programmazione senza fondi comunali e senza mutui, perciò riuscire a intercettare i Pics è stato una salvezza».

Che cosa ci lascerà questo periodo?
«La vita non è più come prima. Questa è una tregua. Dobbiamo attrezzarci. Ma ci ha fatto scoprire quanto questa città sappia essere solidale. È grazie a tutti i volontari, compresi carabinieri e poliziotti in pensione, che finora ce l’abbiamo fatta».  

16 maggio 2020 – © Riproduzione riservata

Facebooktwittermail