Ferdinando Guarino, mezzo secolo di giornalismo | di Rossella Speranza

Guarino02Attraverso la sua penna ha raccontato la cronaca e la politica di Battipaglia, a cui si è sempre detto orgoglioso di appartenere da tre generazioni. Ha siglato articoli divenuti un’attenta testimonianza dei fatti più salienti della storia di questa città, come la scomparsa del Sindaco Rago e la rivolta del 1969. Ha dimostrato che un giornalista, per poter svolgere al meglio il proprio lavoro, ha bisogno di un carattere tanto testardo quanto audace, la giusta professionalità ed il coraggio di saper andare controcorrente, anche a costo di crearsi dei nemici. È Ferdinando Guarino, decano della stampa locale, che con i suoi oltre sessant’anni d’onorata carriera, si inserisce tra i più prestigiosi nomi di cui Battipaglia può vantarsi. Dal 1947 ha descritto gli accadimenti della è provincia di Salerno sulle pagine de Il Tempo, fino alla fine degli anni ’70, quando ha iniziato a scrivere per l’agenzia di stampa Ansa ed altre importanti testate, come Il Giornale, La Gazzetta del Sud, Il Corriere canadese ed Il Corriere di Salerno. Nell’ultimo periodo della sua carriera si è dedicato soprattutto alla cronaca sportiva, diventando, in questo settore, il riferimento dei tanti giornali con cui ha collaborato.

Guarino01Dai suoi “pezzi”, quanto mai attuali, traspare tutta l’amarezza per una città colma di risorse e con un gran potenziale economico, ma «cresciuta male ed umiliata da un malgoverno che dalla fine degli anni ’60 ai giorni nostri l’ha deturpata e defraudata». Ferdinando, 94 anni da poco compiuti, non smette di sperare in un futuro più pulito per la sua Battipaglia, riponendo la fiducia nelle più giovani generazioni che, si augura, possano rendere più vivibile e prospero questo luogo, cercando di non commettere più gli errori del passato. In questa prospettiva, un pensiero lo rivolge anche ai suoi attuali colleghi pubblicisti, che negli ultimi decenni sembrano attratti più dalla cronaca spicciola che da quanto di grave accade in città. È a loro che consiglia di dimostrare l’amore per Battipaglia attraverso un sano giornalismo, denunciando sempre con fermezza situazioni non sostenibili e poco chiare, senza mai schierarsi e con indiscussa serietà. Un uomo, prima che un giornalista, devoto alla famiglia, alla moglie Michela, ai figli Alberto, Elvira e Massimo (per i quali è stato da sempre esempio di libertà, audacia e compostezza), e ai suoi sette nipoti. Una “gloriosa capatosta”, come definito dai suoi amici, che ha ricevuto nel corso della sua carriera molte onorificenze (come la Croce al merito di guerra; il Diploma di combattente per la libertà; è Ufficiale al merito della Repubblica) e numerosissimi premi (tra i quali, recentemente, “Le stelle di Battipaglia”e il Premio “Tu es Petrus”).

Tra i desideri di quest’illustre battipagliese c’è quello di regalare alla città ciò che resta del suo archivio di articoli (parte del quale è andato distrutto in un incendio): un’ulteriore modo di contribuire a delineare l’identità di Battipaglia, per la quale scrive «Alla mia Battipaglia che tanto, a volte, mi ha fatto soffrire, restituisco pagine rubate alla sua storia di cui io ne sono stato, nel bene e nel male, suo umile cronista».

27 febbraio 2015 – © Riproduzione riservata

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