Fare impresa al Sud, partendo da Battipaglia

[di Francesco Bonito]

Un libro presenta i risultati di una ricerca condotta all’interno di un’azienda battipagliese leader nel settore della formazione. Ne abbiamo parlato con l’autore, il ricercatore napoletano Lucio Iaccarino

Il suo Formo al Sud sembra un libro su Battipaglia; ma lo è davvero? 
«In un certo senso sì. Battipaglia è il luogo dove è ambientato il racconto del diario etnografico, la città dove ha sede il Gruppo Formamentis; ma è anche il luogo in cui ho vissuto la mia adolescenza. Sono molte le pagine dedicate alla capitale della mozzarella; le prime trenta sono piene di riferimenti alla sua storia, al suo profilo urbanistico, alle emozioni che ho provato quando sono tornato dopo tanti anni, ai ricordi personali e alla memoria collettiva».

Iaccarino, perché ha scelto Battipaglia per la sua ricerca? 
«Perché è il luogo nel quale si sviluppa una storia produttiva, lo spazio che accoglie l’impresa che ho osservato dal di dentro e da cui scaturiscono riflessioni sul Mezzogiorno e sul resto del Paese. È un libro che parla di Sud e delle ragioni che inibiscono il suo definitivo decollo, lontano dagli stereotipi e a contatto diretto con gli operatori economici, colti nella loro quotidianità produttiva». 

E quali sono i fattori che frenano lo sviluppo del nostro territorio? 
«Le risposte sono nel libro: invito i battipagliesi a leggerlo proprio in questa chiave, come un’opportunità per riflettere insieme sui ritardi del nostro Sud e sulle spinte al cambiamento che partono dal loro territorio». 

Può anticipare ai nostri lettori alcune di queste risposte? 
«Certo. Mi riferisco in primo luogo alla carenza di manager e più in generale al gap di managerialità, alle diffidenze delle giovani generazioni verso il mondo del lavoro e più in generale del Sud nostalgico verso l’assistenzialismo e il posto fisso. Le interviste ai manager di Formamentis mostrano importanti elementi legati alla valorizzazione della mission imprenditoriale, ma anche alla ricerca di una vision, intesa come una cornice più ampia in cui inquadrare il contesto. Le voci dei manager esprimono visione, non soltanto come sviluppo e crescita nel proprio settore, proiettandosi nel futuro e in uno spazio di azione che travalica l’impresa di cui fanno parte. Il libro auspica più manager nel mondo dell’impresa, ma anche più impresa e managerialità all’esterno dei confini dell’economia». 

Nel libro si parla del museo della mozzarella: un’idea che le piace? 
«Sicuramente. Un museo della mozzarella offrirebbe visione ai tanti operatori del caseario che popolano la zona. Sarebbe la costruzione di un grande specchio in cui gli imprenditori potrebbero rivedersi, in cui i cittadini recupererebbero memorie e appartenenza territoriale e in cui migliaia di turisti ogni anno finirebbero per affollarsi per scoprire finalmente cosa c’è dietro il brand mozzarella di Battipaglia». 

Secondo lei è un progetto realizzabile? 
«Noi meridionali spesso non sappiamo approfittare delle risorse e delle tradizioni produttive che abbiamo. L’esempio che faccio sempre riguarda l’assenza di un museo del caffè a Napoli, mentre Lavazza a Torino ne ha già costruito uno e Illy a Trieste ci ha fatto l’università. Questo non vuol dire che non ci si possa provare. Il museo contribuirebbe a incrementare il prestigio e il valore della mozzarella di Battipaglia, un marchio già oggi popolare in tutto il mondo».

19 aprile 2019 – © Riproduzione riservata

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