Al voto, al voto!

[di Daiberto Petrone]

“Capisco poco di politica, forse perché guardo troppa tv, …” è quanto ha scritto Aldo Grasso sul Corriere della Sera nella rubrica A fil di rete di qualche giorno fa. A ben vedere l’interrogativo è del tutto plausibile atteso l’uso che del mezzo televisivo fanno le attuali forze in campo.

Mentre alcuni dichiarano piena disponibilità al confronto televisivo dei candidati, come in tutti i Paesi di solida democrazia, molti preferiscono il soliloquio, il salotto e l’intervista con giornalisti o intrattenitori talora compiacenti, né, invero gli articoli dei giornali di questi giorni, nell’imminenza delle democratiche elezioni nel nostro Paese – strumento del popolo sovrano per darsi dei rappresentanti nel Parlamento nazionale – offrono elementi di valutazione per orientarsi meglio nelle scelte, con l’effetto che finora le elezioni hanno suscitato più rigetto che attenzione da parte dei cittadini.

A questi ultimi, solo apparentemente arbitri del proprio destino, viene negato anche il diritto di assistere ad un confronto diretto tra coloro che si sono candidati a guidare il Paese. Tutto ciò continua a marcare la distanza tra le forze politiche e gli elettori ed allontana sempre di più la possibilità di ristabilire un leale patto con le istituzioni degno di uno Stato democratico. Il paese reale è il grande assente da questa competizione elettorale – anche per l’impossibilità di esprimere preferenze – mentre imperversano proclami elettorali, quotidiane invettive, sermoni moraleggianti, apparenti contrapposizioni.

Quello che abbiamo sentito da ogni parte nella recente campagna elettorale: se vinco io toglierò! io metterò! io invece ridurrò! io  aumenterò! io…! – non si sa bene con quali strumenti finanziari o risorse o dove veramente siano i posti di lavoro promessi – non contribuisce certo a rassicurare il cittadino qualunque che, sempre di più, viene trattato da ingenuo, da gonzo o da pollo da spennare a meno che non appartenga alla vasta categoria dei compagnucci vari.

Questi ultimi si accingono a perpetuare le loro rendite di posizione e, se possibile, ad accrescerle; ai vecchi serventi, noti solo ai frequentatori di corte, se ne aggiungono di nuovi  – rigorosamente non scelti dagli elettori grazie al permanere di una legge elettorale che perpetua ignobili privilegi – con l’effetto che la campagna elettorale resta appannaggio esclusivo dei soliti primi attori che recitano la commedia di sempre.

Nessun commediografo, per quanto talentuoso e brillante possa essere, sarebbe capace di imbastire una trama così schizofrenica,  ai limiti del surreale, a tratti anche divertente se non fosse cosi dolorosamente nefasta per il destino dei tanti cittadini estranei alle frequentazioni delle multicolori corti verdi, rosse, nere, azzurre e chi più ne ha più ne metta. Dopo un breve periodo di rigore e di sobrietà anche nel linguaggio lo scenario politico ha perso ogni sacralità, la politica è ritornata spettacolo e tutti hanno dovuto adeguarsi, sembra di essere tornati in una trincea nella quale i problemi veri, le cose da fare sono la retroguardia, mentre la prima linea è esclusivo appannaggio dei primi attori che recitano una stantia, rancida,  spregevole parodia di quello che dovrebbe essere l’agone politico per eccellenza, spazio di confronto e di crescita, di regole certe, di impegni concreti, di attenzione reale ai problemi del Paese, di responsabilità, di sobrietà di costumi. Ma forse queste cose non interessano alla maggior parte dei nostri politici, convinti come sono della supremazia dei mezzi di comunicazione di massa, della rete, degli spazi virtuali, della pseudorealtà degli abusati sondaggi. Ma tant’è… al voto, al voto!

21 febbraio 2013 – © riproduzione riservata

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